Avv. Giovanna Soravia
In punto di sicurezza alimentare, in particolare, la tematica della vendita del pane precotto nei supermercati è stata oggetto di una vicenda giudiziaria di natura amministrativa sorta avanti il TAR Puglia nel 2020 e conclusasi, recentemente, con una sentenza del Consiglio di Stato in sede di appello, che vedeva contrapposti la società Megagest S.r.l. e l’Azienda Sanitaria Locale di Lecce.
Il pane è uno dei prodotti più conosciuti, più apprezzati e più consumati della dieta mediterranea, che non manca praticamente mai sulle tavole degli italiani. I tipi di pane e derivati sono molti, perché diversi sono gli ingredienti utilizzati e diverse le tecniche di lavorazione. Nel nostro Paese, poi, la ricchezza delle tradizioni locali e regionali ci consente di poter spaziare tra numerose prelibatezze dell’arte della panificazione e dei prodotti da forno in generale.
E viene venduto, ai giorni nostri, non solo nei “panifici” e negozi al dettaglio, ma anche nei supermercati dove è possibile trovare il pane fresco, generalmente fornito da panifici locali, e pane parzialmente cotto (derivante da pane surgelato o non surgelato).
La diversa tipologia di prodotto deve essere accuratamente segnalata ai consumatori della GDO, mediante l’indicazione, sugli appositi espositori e contenitori self-service, delle rispettive caratteristiche e degli ingredienti.
Il casus belli è il seguente: il 12 gennaio 2020, i Carabinieri del N.A.S. di Lecce effettuavano un controllo presso un supermercato e riscontravano che “un cliente anziano, senza l’utilizzo della protezione di guanti, dopo aver toccato diversi pezzi di pane, ne ha scelto alcuni che ha finalmente acquistato” e procedevano quindi al sequestro di 23 Kg. circa di pane precotto in vendita negli espositori.
Con successivo provvedimento dell’A.S.L. di Lecce – Dip. di Prevenzione, prot. U.0014174 del 30 gennaio 2020, avente ad oggetto “Azione esecutiva ai sensi del reg. (UE) 2017/625 art. 138”, veniva disposta «l’immediata sospensione della vendita self-service di pane e prodotti da forno sfusi e posti in vendita in appositi scaffali erogatori del tipo a cassetto, in assenza di un operatore addetto alla vigilanza sulle corrette modalità di prelievo/acquisto da parte dei clienti».
L’art. 138 – Azioni in caso di accertata non conformità– recita testualmente:
- Se il caso di non conformità è accertato, le autorità competenti: a) intraprendono ogni azione necessaria al fine di determinare l’origine e l’entità della non conformità e per stabilire le responsabilità dell’operatore; e b) adottano le misure opportune per assicurare che l’operatore interessato ponga rimedio ai casi di non conformità e ne impedisca il ripetersi”.
Le autorità competenti, prosegue poi la norma, adottano ogni provvedimento ritenuto opportuno per garantire la conformità alla normativa indicata all’art.1, par.2 del medesimo Regolamento sui controlli ufficiali (la normativa europea e degli Stati membri relativa a: a)gli alimenti e la sicurezza alimentare, l’integrità e la salubrità, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare gli interessi e l’informazione dei consumatori, la fabbricazione e l’uso di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con alimenti; b) l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM) a fini di produzione di alimenti e mangimi; c) i mangimi e la sicurezza dei mangimi in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell’uso di mangimi, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare la salute, gli interessi e l’informazione dei consumatori; d) le prescrizioni in materia di salute animale; e) la prevenzione e la riduzione al minimo dei rischi sanitari per l’uomo e per gli animali derivanti da sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati; f) le prescrizioni in materia di benessere degli animali; g) le misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante; h) le prescrizioni per l’immissione in commercio e l’uso di prodotti fitosanitari e l’utilizzo sostenibile dei pesticidi, ad eccezione dell’attrezzatura per l’applicazione di pesticidi; i) la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici; j) l’uso e l’etichettatura delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite).
La Megagest S.r.l. impugnava il provvedimento avanti il competente Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione di Lecce, il quale tuttavia con sentenza n.758/2020 rigettava il ricorso proposto dalla società.
La sentenza veniva dunque impugnata in sede di appello, avanti il Consiglio di Stato.
Per quanto più strettamente e direttamente interessa la materia alimentare (rectius, della sicurezza alimentare), vediamo insieme le questioni sul merito affrontate dal Consiglio di Stato, laddove l’appellante riteneva di aver rispettato le prescrizioni in materia di sicurezza alimentare relative alla vendita del pane precotto.
Infatti, la società Megagest S.r.l. sosteneva la conformità della propria prassi operativa aziendale, e quindi che fosse sufficiente, ai fini della sicurezza alimentare, l’impiego di imballaggi/sacchetti messi a disposizione degli acquirenti, dove riporre il pane dopo averlo prelevato sfuso dai contenitori[1].
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha ritenuto invece che la prassi tenuta dalla società presso il supermercato per la vendita del pane parzialmente cotto non fosse conforme alla normativa applicabile al caso concreto, e pertanto non fosse idonea a garantire la tutela della sicurezza alimentare.
La vendita del pane parzialmente cotto, secondo l’interpretazione del Consiglio di Stato, deve essere posta in essere, di regola, previo confezionamento, in linea con quanto stabilito proprio dall’art. 14, c. 4, Legge n. 580/1967 “Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o non, deve essere distribuito e messo in vendita, previo confezionamento ed etichettature riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto” e riprese dall’art. 1 del D.P.R. n.502/1998.
Tale norma stabilisce che: “1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 14, comma 4, della legge 4 luglio 1967, n. 580, come modificato dall’articolo 44 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, il pane ottenuto mediante completamento di cottura da pane parzialmente cotto, surgelato o non surgelato, deve essere distribuito e messo in vendita in comparti separati dal pane fresco e in imballaggi preconfezionati riportati oltre alle indicazioni previste dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, anche le seguenti:
- a) «ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato» in caso di provenienza da prodotto surgelato;
- b) «ottenuto da pane parzialmente cotto» in caso di provenienza da prodotto non surgelato né congelato.
- Ove le operazioni di completamento della cottura e di preconfezionamento del pane non possano avvenire in aree separate da quelle di vendita del prodotto, dette operazioni possono avvenire, fatte salve comunque le norme igienicosanitarie, anche nella stessa area di vendita e la specifica dicitura di cui al comma 1 deve figurare altresì su un cartello esposto in modo chiaramente visibile al consumatore nell’area di vendita”.
Dalle due disposizioni sopra riportate, secondo il Consiglio di Stato, emerge con chiarezza che il pane precotto deve essere messo in vendita già preconfezionato, e solo qualora l’operazione di preventivo preconfezionamento in area diversa da quella di vendita non sia possibile, è consentito il confezionamento in quella zona, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie.
In ogni caso, il confezionamento prima della messa in vendita è imprescindibile, indipendentemente dal luogo in cui la relativa operazione sia effettuata.
Nel caso oggetto di causa, il pane precotto era a disposizione degli avventori/acquirenti come sfuso, pertanto il requisito del preconfezionamento non era stato rispettato.
Oltretutto, rileva il Consiglio di Stato, nemmeno le richiamate norme igienico-sanitarie erano state rispettate, perché di fatto il prodotto sfuso, non confezionato, era lasciato a disposizione degli avventori che potevano prelevarlo e metterlo negli imballaggi/sacchetti o rimetterlo nei contenitori senza alcun controllo.
Le modalità di vendita del pane precotto seguite dalla Megagest S.r.l. non contemplavano alcuna precauzione utile ad evitare il contatto del pane da parte degli avventori, e ad impedire che il pane prelevato fosse poi rimesso nei contenitori a possibile danno di altri successivi clienti.
Nei locali della GDO, il pane parzialmente cotto deve essere venduto già confezionato ed etichettato, in maniera da evitare qualsiasi forma di contatto e manipolazione da parte degli avventori prima dell’eventuale inserimento da parte loro nei sacchetti presenti nel punto vendita.
A nulla rilevano per il Consiglio di Stato, nel caso concreto, circostanze fattuali quali la distanza dal banco vendita, l’illustrazione della procedura di confezionamento, la struttura degli erogatori, poiché comunque le modalità di vendita rimangono non idonee né sufficienti ad evitare il contatto con il prodotto.
Dopo aver preliminarmente esaminato alcuni profili di rito, ed aver dichiarato (in riforma della sentenza impugnata) inammissibile il ricorso di primo grado, alla luce delle considerazioni sul merito sopra riportate il Consiglio di Stato, Sezione Terza, con sentenza n.6677 del 30 settembre 2021 ha pertanto dichiarato l’infondatezza, nel merito, del ricorso di primo grado e del ricorso in appello, condannando la società appellante alla rifusione delle spese.
[1] L’appellante faceva affidamento sul combinato disposto degli articoli 14, c.4. Legge n.580/1967 e del D.P.R. n.502/1998.