Alcune “pillole” di nanomateriali e nanomateriali ingegnerizzati

Avv. Valeria Pullini

Sui nanomateriali e i nanomateriali ingegnerizzati molto poco sappiamo e, per approfondire l’argomento, occorre fare riferimento al dato scientifico ed a quello giuridico in egual misura.

Sotto il profilo scientifico, fondamentale è stato ed è l’apporto fornito dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che già nell’anno 2011 si è occupata di tale argomento, elaborando e pubblicando una guida, divisa in due parti, relative, rispettivamente, alla valutazione dei rischi delle nanoscienze e delle applicazioni nanotecnologiche nella catena alimentare e dei mangimi e agli aspetti relativi alla valutazione del rischio ambientale.

Nel 2018, tenuto conto degli sviluppi che hanno avuto luogo da tale pubblicazione del 2011, l’EFSA ha pubblicato una nuova guida[1], che fornisce una panoramica sui requisiti di informazione e su come eseguire la valutazione del rischio di nanomateriali nell’area degli alimenti e dei mangimi (ad esempio novel food, MOCA, additivi per alimenti/mangimi e pesticidi).

A tale proposito, ai sensi del nuovo regolamento (UE) n. 2015/2283 in materia di novel food, un alimento costituito da nanomateriali ingegnerizzati sarà considerato un nuovo alimento e in quanto tale richiederà un’autorizzazione.

Il regolamento predetto stabilisce che l’EFSA effettui la valutazione del rischio di nuovi alimenti, assumendosi la responsabilità di verificare che siano stati utilizzati i metodi di prova più aggiornati per valutare la loro sicurezza.

Ma che cosa sono i nanomateriali e, in particolare, i nanomateriali ingegnerizzati?

Definizione di nanomateriale

L’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) ha definito il “nanomateriale” come un materiale con qualsiasi dimensione esterna su scala nanometrica (‘nano-oggetto’) o con una struttura interna o di superficie compresa nella nanoscala (‘materiale nanostrutturato’) (ISO, 2015).

In particolare, un nano-oggetto è definito come un pezzo di materiale con una, due o tre dimensioni esterne su scala nanometrica.

Le “nanoparticelle” sono nano-oggetti con tutte le dimensioni esterne su scala nanometrica, dove le lunghezze degli assi più lunghi e più brevi non differiscono in modo significativo. Se le dimensioni differiscono in modo significativo, altri termini, come “nanofibre” (due dimensioni esterne nella nanoscala) o “nanoplate” (una dimensione esterna su scala nanometrica), possono essere preferiti al termine nanoparticella.

A sua volta, un “materiale nanostrutturato” è definito come un materiale avente una nanostruttura interna o di superficie, cioè una composizione di parti costituenti correlate, in cui una o più di queste parti è una regione su scala nanometrica.

La “nanoscala” è definita da circa 1 a 100 nm (ISO, 2015).

Secondo il vocabolario ISO sulle nanotecnologie, che può essere consultato liberamente su www.iso.org/obp, il “nano-oggetto ingegnerizzato” è definito come un nano-oggetto progettato per uno scopo o una funzione specifici (ISO, 2015).

La dimensione, quindi, è il parametro chiave per l’identificazione di un nanomateriale.

Nel 2011 la Commissione europea ha emanato una raccomandazione per la definizione di nanomateriale, fornendo una base comune a fini regolamentari nella maggior parte delle aree della politica dell’UE[2].

Le disposizioni della raccomandazione comprendono un obbligo di revisione alla luce dell’esperienza e degli sviluppi scientifici e tecnologici.

Tale definizione  (o qualsiasi relativo aggiornamento), qualora dovesse essere inclusa nella legislazione alimentare, fornirebbe ulteriori informazioni sull’opportunità o meno che un materiale debba essere considerato come un nanomateriale nel contesto di una qualsiasi delle normative alimentari.

Secondo la definizione fornita dalla predetta raccomandazione, per “nanomateriale” si intende un materiale naturale, accessorio o fabbricato, contenente particelle tra loro non legate oppure in forma aggregata o agglomerata e in cui, per il 50% o più delle particelle nella distribuzione in termini numerici, uno o più dimensioni esterne sono comprese tra 1 e 100 nm. In casi specifici e ove giustificato da preoccupazioni per l’ambiente, la salute, la sicurezza o la competitività, la soglia di distribuzione numerica del 50% può essere sostituita da una soglia compresa tra 1 e 50%.

Ai fini di tale definizione:

– per “particella” si intende un pezzo minuscolo di materia con confini fisici definiti;

– per “agglomerato”, un insieme di particelle o aggregati debolmente legati, in cui la superficie esterna risultante è simile alla somma delle aree superficiali dei singoli componenti e

– per “aggregato”, una particella che comprende particelle fortemente legate o fuse.

Inoltre, viene specificato che i fullereni, i fiocchi di grafene e i nanotubi di carbonio a parete singola dovrebbero essere considerati nanomateriali anche se una o più dimensioni esterne siano inferiori a 1 nm.

L’attuale definizione di “nanomateriale” offerta dalla raccomandazione suddetta viene utilizzata come riferimento per determinare se un materiale debba essere considerato un “nanomateriale” a fini legislativi e politici nell’UE.

Secondo tale definizione, il criterio d’individuazione è costituito unicamente dalla dimensione delle particelle costituenti il ​​materiale, indipendentemente dal pericolo, dalla tossicocinetica o dal rischio.

Sebbene questa raccomandazione sia attualmente in fase di revisione e non sia ancora stata adottata nell’ambito dei quadri normativi pertinenti, il comitato di vigilanza consiglia di tener conto di questa e di eventuali revisioni future al momento di valutare la sicurezza di materiali costituiti da piccole particelle.

Definizione di nanomateriale ingegnerizzato

I nanomateriali ingegnerizzati sono un sottoinsieme del “nanomateriale” definito nella summenzionata raccomandazione della Commissione europea del 2011.

Come delineato nel regolamento (UE) n. 2015/2283 sui nuovi prodotti alimentari e facendo riferimento al regolamento (UE) n. 1169/2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, il nanomateriale ingegnerizzato è qualunque materiale prodotto intenzionalmente, caratterizzato da una o più dimensioni dell’ordine di 100 nm o inferiori, o che è composto di parti funzionali distinte, interne o in superficie, molte delle quali presentano una o più dimensioni dell’ordine di 100 nm o inferiori, compresi strutture, agglomerati o aggregati che possono avere dimensioni superiori all’ordine di 100 nm, ma che presentano proprietà caratteristiche della scala nanometrica.

Le proprietà caratteristiche della scala nanometrica comprendono:

  1. le proprietà connesse all’elevata superficie specifica dei materiali considerati; e/o
  2. le specifiche proprietà fisico-chimiche che differiscono da quelle dello stesso materiale non in forma nano.

Secondo il regolamento sui nuovi prodotti alimentari, “Ai fini di uniformità e coerenza, è importante garantire un’unica definizione di nanomateriale ingegnerizzato nel settore della legislazione alimentare”.

Tornando al contributo offerto dall’EFSA in ambito squisitamente scientifico, la relativa più recente guida del 2018 è volta a fornire un percorso strutturato per effettuare la valutazione della sicurezza dei nanomateriali nell’area degli alimenti e dei mangimi.

Essa è applicabile a:

  • un materiale che soddisfa i criteri per un nanomateriale ingegnerizzato, come indicato nel regolamento (UE) n. 2015/2283 sui nuovi prodotti alimentari, nonchè nel regolamento (UE) n. 1169/2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, ovvero nanomateriali che, tra gli altri criteri, hanno dimensioni delle particelle nella scala nanometrica definita (1-100 nm);
  • materiale che contiene particelle di dimensioni superiori a 100 nm, che potrebbero conservare proprietà caratteristiche della nanoscala, ad esempio in relazione all’ampia superficie specifica dei materiali o al diverso comportamento tossico-cinetico (ossia cambiamenti significativi dell’assorbimento, distribuzione e/o metabolismo) rispetto al suo non-nanomateriale. Questo può essere il caso dei materiali derivanti da processi di produzione che mirano a ridurre il diametro medio delle particelle dei materiali (ad esempio micronizzazione);
  • materiale che non è stato progettato come nanomateriale ma contiene una frazione di particelle, meno del 50% nella distribuzione delle dimensioni del numero, con una o più dimensioni esterne nell’intervallo di dimensioni 1-100 nm. Questo dovrebbe essere il caso dei processi di produzione di sostanze chimiche alimentari in polvere o particolate, che tipicamente danno luogo a materiali con una gamma di dimensioni;
  • un nanomateriale avente la stessa composizione elementare ma che si presenta in diverse forme morfologiche, dimensioni, forme cristalline e/o proprietà superficiali come, ad esempio, una conseguenza di diversi processi di produzione;
  • un’entità su scala nanometrica costituita da materiali naturali che è stata deliberatamente prodotta per avere proprietà nano-abilitate, o è stata modificata per l’uso nello sviluppo di altri materiali su scala nanometrica, ad es. per incapsulare composti (bioattivi).

Se un materiale è stato identificato come un nanomateriale, dovrà essere sottoposto a valutazione di sicurezza e dovrà essere verificato il rispetto dei requisiti della guida in parola.

Tuttavia, è anche importante sottolineare che, indipendentemente dalla presenza di un nanomateriale, devono essere rispettati i requisiti esistenti per la valutazione della sicurezza, in conformità alle normative pertinenti per i non-nanomateriali convenzionali.

In linea di principio, l’attuale paradigma di valutazione del rischio per le sostanze chimiche, che si basa sull’identificazione/caratterizzazione del rischio, unitamente alla valutazione dell’esposizione e alla caratterizzazione del rischio, è applicabile anche ai nanomateriali.

Tuttavia, come evidenziato dall’EFSA nella ridetta guida del 2018, la riduzione della dimensione dei materiali particolati su scala nanometrica può conferire alcuni cambiamenti nelle proprietà e nel comportamento biocinetico, che può anche portare a effetti tossicologici alterati rispetto ai corrispondenti non-nanomateriali.

Pertanto, la sicurezza di un nanomateriale non dovrebbe essere automaticamente considerata simile/comparabile al corrispondente non-nanomateriale o ad un altro nanomateriale.

Tuttavia, i principi per la valutazione dell’esposizione dei nanomateriali attraverso alimenti/mangimi sono essenzialmente gli stessi dei non-nanomateriali e richiedono la considerazione dei probabili scenari di esposizione, nonché la stima dell’esposizione sulla base dei dati di consumo e delle assunzioni medie ed elevate previste in vari gruppi di popolazione.

Nei casi in cui è possibile l’esposizione diretta (ad esempio, attraverso nuovi alimenti, aromi, additivi alimentari) o un’esposizione indiretta (ad es. migrazione o trasferimento da MOCA, trasferimento dai mangimi agli animali o da un pesticida alla coltura), occorre determinare se il nanomateriale o i suoi prodotti di degradazione rimangano presenti come particelle nella matrice alimenti/mangimi, al fine di informare la caratterizzazione del rischio.

Le caratteristiche che possono indicare una perdita di proprietà nanospecifiche e, quindi, ridurre la possibilità di esposizione al nanomateriale, includono:

  • alto tasso di degradazione in acqua, matrice alimentare/mangimistica o fluidi gastrointestinali;
  • biodegradabilità a prodotti non nanosati;
  • formazione di aggregati più grandi (> 100 nm);
  • nanoparticelle fissate o incorporate in altre matrici (ad es. compositi polimerici usati come FCM), ecc.

In assenza di dati di esposizione, o dove non è possibile determinare le proprietà e le quantità di particelle nanodimensionate in matrici complesse, si dovrebbe considerare il caso peggiore in cui tutti i nanomateriali aggiunti a un prodotto alimentare/mangime sono presenti, ingeriti e assorbiti come nanomateriale.

La caratterizzazione del rischio combina tutte le informazioni dall’identificazione del pericolo e dalla caratterizzazione del pericolo con la valutazione dell’esposizione e ogni altra informazione pertinente, ad es. da read-across.

Come nel paradigma della valutazione del rischio per altri prodotti chimici, viene utilizzato un approccio basato sul peso dell’evidenza, tenendo conto delle informazioni disponibili che possono comprendere diversi tipi di dati provenienti da fonti diverse.

In generale, la caratterizzazione del rischio di un nanomateriale dovrebbe prendere in considerazione gli stessi elementi delle sostanze chimiche convenzionali – cioè, i dati e le informazioni relative alle proprietà fisico-chimiche, all’esposizione e agli effetti tossicologici.

Laddove i dati siano stati ricavati da studi condotti in modo appropriato, utilizzando metodi convalidati e considerando problematiche nanospecifiche ove pertinenti, non vi può essere alcuna ragione per utilizzare fattori di incertezza per un nanomateriale che siano superiori a quelli usati per un materiale convenzionale.

Tuttavia, quando i dati sono insufficienti o sono derivati ​​da test inadeguati per i nanomateriali, al fine di valutare la sicurezza di un nanomateriale si possono prendere in considerazione ulteriori fattori di incertezza.

 

[1] https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.2903/j.efsa.2018.5327

[2] Raccomandazione della Commissione europea 2011/696/EU del 18 ottobre 2011 sulla definizione di nanomateriale. GUUE L 275, 20.10.2011, p. 38–40, in fase di revisione.

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